Percorsi culturali: letteratura lombarda
UN DINAMISMO CULTURALE CHE VIENE DA LONTANO
Le grandi stagioni dell’Illuminismo e del Romanticismo
Le radici della letteratura in Lombardia affondano lontano e possono vantare nomi del calibro di Virgilio (“Mantua me genuit”, come ebbe a scrivere egli stesso) e di quel Sordello da Goito, il più celebre tra i trovatori italiani, che Dante incontra nel IV canto del Purgatorio.
Il primo scrittore di rilievo in volgare lombardo è però Bonvesin de la Riva: vissuto a Milano nel XIII secolo, ci ha lasciato diverse composizioni tra cui il pregevole trattatello “Cortesia da desco” e il “Libro delle tre scritture”, un’opera in tre parti dedicate all’Inferno, alla storia della Passione e al Paradiso; ma soprattutto il “De magnalibus Mediolani”, che, seppure in latino, è il primo elogio delle meraviglie della città.
Tuttavia questo non è ancora il tempo delle grandi stagioni della letteratura lombarda: nonostante la fioritura artistica del Rinascimento e il mecenatismo dei signori di Milano e Mantova, in quest’epoca infatti in Lombardia non si sviluppano movimenti letterari autonomi. Sarà solo nel ‘700 che la regione acquisterà un ruolo di primo piano nella vita letteraria italiana, con l’ Illuminismo, un movimento culturale che qui procede parallelamente alle riforme politiche e amministrative promosse da Maria Teresa d’Austria.
Grandi intellettuali come i fratelli Pietro e Alessandro Verri divennero gli animatori di un giornale coraggioso e polemico, “Il caffè” (uscito tra il 1764 e il 1766) intorno al quale si raccolsero i maggiori esponenti dell’Illuminismo lombardo, da Cesare Beccaria (autore del famoso “Dei delitti e delle pene”) a Gian Rinaldo Carli.
Il fermento culturale introdotto dall’Illuminismo rappresentò il detonatore per la vita culturale lombarda; fermento che si tocca con mano leggendo il poemetto “Il giorno”, il capolavoro di Giuseppe Parini. Altresì di stampo illuminista, anche se con lo slancio verso il trascendente della conversione al cattolicesimo, la formazione di Alessandro Manzoni, nipote di Cesare Beccaria, scrittore che meglio di ogni altro ha dato voce all’animo della regione descrivendola in pagine di grandissima poesia nel suo celebre romanzo “I promessi sposi”.
D’altra parte con Manzoni, forse la voce più alta della letteratura lombarda e uno dei maggiori scrittori italiani, si è compiuto il passaggio dalla cultura illuminista a quella romantica; proprio col romanticismo la Lombardia conosce un’altra grande stagione letteraria, che va di pari passo con il processo risorgimentale, grazie alle opere di pensatori come Carlo Cattaneo, di scrittori come Tommaso Grossi e di poeti come Giovanni Berchet e Carlo Porta, il più grande poeta dialettale lombardo.
Scapigliatura, futurismo e oltre
Unificata l’Italia ed esauriti i temi risorgimentali, l’esigenza di rinnovare modi e forme letterarie dà vita a un movimento, quello della “scapigliatura”, in cui convergono una serie di artisti settentrionali, da Arrigo Boito a Cletto Arrighi, da Ugo Tarchetti a Carlo Dossi e a Emilio Praga, tutti uniti dalla rivolta contro la morale corrente, la religione, la retorica risorgimentale.
Un movimento spiccatamente milanese e lombardo, indice della vivacità culturale di una regione che aspira a diventare sempre più un importante polo culturale nella vita del Paese.
Una vocazione che si afferma anche, all’inizio del Novecento, con il Futurismo, un movimento letterario e artistico d’avanguardia che proprio a Milano trova terreno fertile.
Nel primo manifesto futurista del 1909, si proclamava la distruzione della sintassi e l’uso di “parole in libertà”, nel tentativo di trovare una forma espressiva adeguata alla realtà contemporanea, con il suo dinamismo e le sue conquiste tecnologiche; una “modernità” che sembrava manifestarsi pienamente proprio nel capoluogo della regione, con la sua crescita tumultuosa, le sue fabbriche rombanti, le vie caotiche e piene di macchine e di persone.
Ma Milano è anche la città che ha dato i natali a un altro grande protagonista della vita culturale italiana del ‘900: Carlo Emilio Gadda che, con il suo personalissimo stile irridente e stravagante e le sue invenzioni linguistiche fatte di geniali commistioni tra lingua e dialetto, ci ha lasciato ritratti pungenti della borghesia industriale meneghina.
Oggi Milano, grazie anche alla sua industria editoriale, rivendica più che mai il suo ruolo di centro nevralgico della cultura italiana e di punto di incontro e di scambio privilegiato con la grande cultura europea.